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Importanza della bicicletta nella società attuale. La situazione italiana nell’epoca della pandemia

Intervento di Alessandro Tursi, presidente della FIAB - Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta e vice-presidente della ECF - European Cyclist’Federation

3 Giugno 2021
Alessandro Tursi

«La bicicletta diventa il simbolo di un futuro ecologico per la città di domani e di un’utopia urbana in grado di riconciliare la società con se stessa». Così scrive Marc Augé, nel suo libro “Il bello della bicicletta” e partirei proprio da questo sedicente messaggio utopico per conclamare la giustezza di questa affermazione. Il Covid-19 ha fatto da catalizzatore mettendo sotto gli occhi di chi vuol vedere quanto sia importante avere un comportamento responsabile, ambientalista e pensato per il bene delle future generazioni, vale a dire i nostri figli e nipoti.

Ecco perché la Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta ha scelto di dedicare la Giornata Mondiale della Bicicletta al casa-scuola, mettendo al primo posto la salute delle ragazze e ragazzi che usano la bici per andare a scuola. In tutto questo FIAB e la Società Italiana di Pediatria ribadiscono l’importanza di questa buona pratica per alunni, studenti e famiglie. Non soltanto perché la mobilità ciclistica rende le città e le aree vicine agli istituti scolastici più sicure e vivibili. In un’epoca in cui si parla tanto di salute e prevenzione, pedalare rappresenta un’abitudine quotidiana fondamentale.

In Italia purtroppo la grande maggioranza dei bambini non ha oggi il diritto di andare a scuola con le proprie gambe, a differenza dei loro coetanei europei, anche quelli di paesi dai climi particolarmente rigidi. La nuova sensibilità sul tema salute imposta dal Covid-19 può essere occasione per cambiare abitudini sbagliate e dannose per i nostri figli. E sono i medici a affermarlo prima ancora di FIAB.

La mobilità ciclistica e attiva rientra tra le ricette che città e Stati possono mettere in campo per raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile fissati nell’Agenda 2030 dell’ONU.

Rivoluzione Bici

Le parole hanno un potere enorme: contribuiscono a formare le idee, le rappresentano, le veicolano e diffondono. La federazione che rappresento ha una lunga storia alle spalle, oltre trent’anni nei quali ha portato avanti e promosso l’uso della bicicletta come mezzo “rivoluzionario”, dove il tema ambientale è da sempre la nostra bandiera. In questa giornata mondiale della bicicletta è necessario fare riferimento anche alla situazione politica, che vede da pochi mesi insediato un Governo che nelle intenzioni ha la realizzazione di alcune importanti riforme. Per quanto riguarda FIAB provo a fare una breve analisi dei due ministeri di nostro primario interesse partendo dalle nuove denominazioni: il ministero dell’Ambiente diventa ministero della Transizione Ecologica e il ministero Infrastrutture e Trasporti Mit si trasforma in ministero delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili. Nella denominazione il primo passa da una visione statica e di conservazione/protezione, da gioco in difesa (difesa dell’Ambiente appunto) a una decisamente dinamica e direi di attacco, di ampia portata: “Transizione Ecologica”. Questo ministero, in passato spesso (ab)usato come poltrona-accontentino rispetto ai dicasteri di peso, viene oggi rafforzato con l’aggiunta delle strategiche competenze in materia di energia, fino a ieri organiche al potente dicastero dello Sviluppo. Infine, gli viene anche dato un ruolo di primus inter pares nel neocostituito Comitato interministeriale per la Transizione Ecologica. Non è esattamente il “superministero” che ci si aspettava dagli annunci, ma è comunque molto di più del precedente.

Veniamo ora all'altro Ministero, l’ex Mit, che ci tocca ancor più da vicino. Il cambio del nome è sicuramente epocale, soprattutto per quel “Sostenibili” al plurale, che indica come non solo la mobilità, ma anche le infrastrutture debbano essere sostenibili. Se fosse stato solo “mobilità sostenibile” avrebbe semplicemente incorporato una nozione positiva ma anche abusata e svuotata nel tempo, visto che ormai si fa passare per sostenibile qualsiasi veicolo - soprattutto le auto - che abbia una motorizzazione un po’ meno inquinante ma pur sempre insostenibile. Positivo quindi il nuovo approccio che ingloba, almeno nel nome, il concetto di sostenibilità delle infrastrutture, al posto dell’infrastruttura che “s’ha da fare” comunque e a prescindere. L’auspicio è che si superi in modo virtuoso la contrapposizione tra uno sviluppismo a ogni costo da un lato, dove spesso l’opera serve alle imprese che la realizzano anziché ai contribuenti che la pagano, e dall’altro quell’approccio N.I.M.B.Y.* che è stato uno dei maggiori limiti di parte dell’ambientalismo nostrano. Nei prossimi mesi vedremo se tutto questo sarà solo una rivoluzione a parole o se le parole saranno state l’inizio di una rivoluzione. FIAB, di concerto con tutto il mondo dell’associazionismo cicloambientalista, chiede un cambio di passo sostanziale e strutturale su due aspetti: finanziamenti finalmente adeguati e permanenti alla ciclabilità e una governance all’altezza, per superare l’attuale frammentazione e estemporaneità delle singole iniziative pro bici.

Più bici, più ciclabilità

L’ondata pro-bici ha attraversato gran parte d’Europa in questi mesi, a eccezione di Paesi come Danimarca e Paesi Bassi, dove non si avvertiva ieri né si avverte oggi il bisogno di un cambio di passo. In Nord Europa semplicemente si continua a pianificare e finanziare la ciclabilità come hanno sempre fatto, in modo strutturale, costante e sostanzioso.

In questi mesi si sono realizzate “ciclabili d’emergenza” in molte città europee e anche in Italia, sebbene l’attenzione della stampa si sia focalizzata sui vari bonus bici. Ha fatto notizia quello francese da 50 euro per la riparazione bici, un incentivo anche per l’economia circolare del riuso che ha dato lavoro ai piccoli artigiani. Comunque, il caso per eccellenza è stato il bonus bici italiano: l’avevo percepito dalle molte richieste di interviste da parte di agenzie di stampa europee e persino asiatiche. La conferma mi è arrivata in Ecf, perché dall’osservatorio privilegiato della nostra European Cyclist’s Federation il bonus bici italiano ha sorpreso tutti per l’entità delle somme a disposizione. Nel complesso sono stati tre gli Stati che hanno destato attenzione: Spagna, Francia e soprattutto Italia. Certo non basta un bonus bici a cambiare un Paese, ma cifre così non si erano mai viste finora in Italia.

Sappiamo anche che il bonus è solo la parte più mediatica di una serie di passi in avanti finora solo sperati: dal 2020 reti ciclabili transitorie, finanziamenti a otto zeri per le ciclabili nei capoluoghi e, soprattutto, le innovazioni normative di tipo europeo che FIAB chiede da sempre. Era auspicabile un approccio più deciso sul tema della ciclabilità nel PNRR, ma è da segnalare in aggiunta il fondo di 50 milioni di euro per l'erogazione di contributi in favore di imprese, amministrazioni pubbliche e scuole che attuino un piano degli spostamenti casa-lavoro del personale e casa-scuola-casa del personale scolastico e degli alunni.

In particolare, è previsto uno stanziamento fino a 35 milioni di euro di contributi in favore delle imprese e delle pubbliche amministrazioni che beneficeranno di tali contributi per finanziare iniziative di mobilità sostenibile. Altri 15 milioni di euro sono destinati alle scuole per finanziare iniziative di mobilità sostenibile di piedibus, di car-pooling, di car-sharing, di bike-pooling e di bikesharing.

Demotorizzazione

La prossima fondamentale svolta della rivoluzione bici dovrà quindi essere un percorso di progressiva demotorizzazione, indispensabile in un Paese soffocato da 40 milioni di auto. Bene che la bici cresca e affianchi gradualmente l’auto, poi si dovrà continuare a lavorare per invertire i rapporti di forza, con la bici quale mezzo intermodale dominante e l’auto privata residuale. La riconversione verde del modello economico sta passando dalla fase delle buone intenzioni ai fatti. Pensiamo al Recovery fund, dall’Ue una pioggia di denaro mai vista (221 miliardi all’Italia), destinata in gran parte alla riconversione ecologica e alla mobilità sostenibile. Ecf ha redatto una guida al Recovery fund specifica per ogni Paese e FIAB è impegnata a diffonderlo per indirizzare i Comuni a utilizzare questi finanziamenti per nuove infrastrutture ciclabili. Un segnale forte è arrivato da Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione Europea. «La bicicletta - ha detto – è, per definizione, il modo migliore per risolvere il problema dell’inquinamento nelle città. Investire in reti di infrastrutture ciclabili sicure e separate, come parte dei piani nazionali di recupero e resilienza, sarebbe un gioco da ragazzi e non porterebbe a nessun rimpianto».

Europa e oltre

Sottolineo l’accordo storico sul taglio emissioni Ue. Si sono superate le resistenze di singoli stati – cosa mai scontata – per impegni ben più ambiziosi, con l’obiettivo per il 2030 passato da -40% a -55% di emissioni quale tappa intermedia verso l’azzeramento delle emissioni nette al 2050. Mobilitarsi è servito, serve e servirà sempre.

Infine, uno sguardo oltreoceano: è finita l’era Trump, a cui è stato fatale aggiungere all’ostentato negazionismo climatico l’altrettanto ostentato, irresponsabile e tragicamente disastroso negazionismo sul Covid.

Biden non è certo un politico ambientalista, ma rispetto al predecessore porterà una inversione di rotta, a cominciare dall’annunciato ritorno agli accordi di Parigi. L’immagine di Biden in bici all’indomani della sua elezione è un chiaro messaggio politico di discontinuità: dunque le buone intenzioni ci sono, speriamo che seguano i fatti. La via è stretta, siamo tutti messi alla prova dal perdurare della pandemia, ma il futuro lo stiamo costruendo adesso.