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L’8 marzo al tempo della pandemia: quale futuro per la leadership politica femminile?

Gli interventi delle docenti Adriana Di Stefano e Rossana Sampugnaro per celebrare la Giornata internazionale delle donne 2021

8 Marzo 2021
Adriana Di Stefano e Rossana Sampugnaro

In occasione della Giornata internazionale delle donne 2021, UN Women dedica la campagna ONU al tema “Women in leadership: Achieving an equal future in a COVID-19 world”. L’intento è quello di dare visibilità al contributo e al sacrificio delle donne nella gestione della crisi sanitaria globale.

È noto che le misure precauzionali di confinamento, come quelle fiscali, finanziarie ed economiche assunte da numerosi Stati hanno prodotto un impatto più severo sulla popolazione femminile e rischiano di determinare effetti pregiudizievoli più duraturi in considerazione di una serie eterogenea di fattori e concause. Ne è emersa l’urgenza non solo di una condivisione di approcci human-rights centred, sensibili alle vulnerabilità strutturali e socio-economiche delle donne in tempo di crisi pandemica, ma anche di dati disaggregati per sesso, di analisi sull’impatto di genere e di strumenti ricognitivi delle prassi nazionali e internazionali nel contesto emergenziale. La crisi sanitaria ha fatto registrare l’aumento dei fenomeni di violenza domestica, la sovra-rappresentazione delle donne nei settori lavorativi maggiormente colpiti dalla crisi, la sovraesposizione del personale femminile dei servizi sanitari e di assistenza a categorie vulnerabili, la scarsa presenza delle donne nelle sedi decisionali deputate alla gestione della Covid 19.  È quanto emerge, tra l’altro, nel panorama europeo, dalla relazione 2021 sulla parità di genere nell'UE pubblicata nei giorni scorsi dalla Commissione, i cui dati segnalano l'impatto negativo della crisi pandemica sulle donne e le sfide di medio e lungo periodo ne derivano per il raggiungimento della parità di genere, obiettivo centrale dell’agenda politica dell’Unione. Le priorità della strategia per la parità di genere (2020-2025) dell’UE sono oggetto di processi di monitoraggio aperti e trasparenti, utili anche alla corretta informazione dell’opinione pubblica europea: il recentissimo portale per il monitoraggio della strategia per la parità di genere consente di verificare dati utili a misurare i progressi e le performance dell’Unione e dei suoi Stati membri anche con riferimento ai dossier della leadership politica femminile, tanto discussi nel dibattito italiano nel corso della più recente crisi governativa.

Nella Giornata dell’8 marzo proponiamo per il Bollettino di Ateneo un breve contributo di Rossana Sampugnaro, tratto dalla special issue “Women’s access to the political sphere in Italy: when obstacles outdo opportunities”, curata insieme  a Marinella Belluati e Daniela R. Piccio per la rivista Contemporary Italian Politics (2020). Di questi spunti e molto altro discuteremo insieme alle Autrici il prossimo 27 Aprile nell’ambito della Webinar Series su Women’s Leadership in Time of Crisis. Per aggiornamenti sugli eventi e le iniziative UniCT in programma nel mese dell’International Women’s Day, seguiteci anche su Twitter 

Buona lettura e buona Giornata internazionale delle donne 2021!

Adriana Di Stefano, delegata dell'Università di Catania alle Pari Opportunità

Rappresentanza femminile e leadership politica: una questione irrisolta

di Rossana Sampugnaro, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Catania

Ogni Giornata dell’8 marzo diventa occasione di discussione pubblica per una riflessione sui nodi irrisolti della leadership femminile, della rappresentanza politica e del gender gap senza steccati, evitando approcci ideologici alle questioni delle disuguaglianze.

La pandemia da Covid-19 ha acuito nell’ultimo anno le differenze, marginalizzando e discriminando particolarmente le donne. Con la inevitabile crisi del mercato del lavoro, il prezzo maggiore è stato pagato dalle fasce meno garantite, come le lavoratrici donne e le giovani generazioni. Nello scenario italiano anche nelle stanze della politica, dove il riequilibrio della rappresentanza appariva in buona parte un dato scontato, sono emersi segnali di arretramento. Ricordiamo che la ridotta presenza di donne nel governo Draghi è l’ultima di una serie di vicende che hanno preso luce durante la crisi sanitaria quando, durante il Governo Conte, è stato necessario individuare la composizione di board e organismi tecnici o consultivi.

Uno studio recente, pubblicato su Contemporary Italian Politics (Women’s access to the political sphere in Italy: when obstacles outdo opportunities, 2020, con Marinella Belluati e Daniela R. Piccio), mostra come la crisi abbia prodotto delle conseguenze anche sulle strutture di governo. Se la rappresentanza di genere ha indubbiamente trovato giovamento dalle quote e da altre misure di riequilibrio, la questione è riemersa prepotentemente allo scoppiare dell’emergenza sanitaria, durante la quale nulla è parso più scontato, con l’amara conclusione che “Power devolved is power retained”.

Questo deve indurci a riflettere sulle misure da mettere in campo per ottenere degli effetti duraturi. È ipotizzabile una estensione del sistema delle quote in ogni ambito della società e in ogni struttura del potere politico? Si tratta di una misura sufficiente per ottenere risultati efficaci nel tempo? Nello scenario politico italiano la lezione del Rosatellum è indicativa della limitata efficacia delle leggi in mancanza di un corrispondente cambiamento dei sistemi di autogoverno dei partiti e senza un reale cambiamento nel tessuto sociale. Se comparato con il 2013, l’incremento di donne nelle elezioni del 2018 è modesto, di appena il 4,4%, e porta la presenza delle donne al 36,1% nelle Aule Parlamentari. I meccanismi distorsivi sono evidenti e ampliamente documentati: la pratica diffusa della pluri-candidatura per le donne nei collegi multi-nominali (ad esclusione del M5S) e la collocazione in collegi uninominali meno garantiti. Le scelte dei partiti sembrerebbero ulteriormente rafforzate dal fenomeno della gender penalty, ossia dalla penalizzazione determinata dall’elettorato nei confronti delle candidature femminili, frutto di stereotipi e pregiudizi ancora diffusi sulla presenza delle donne nell’arena politica.

Per puntare a risultati duraturi non sono sufficienti soluzioni di ingegneria elettorale che rafforzino l’offerta del numero di candidature per le donne, ma è necessario lavorare,  ben oltre i vincoli normativi, per eliminare le barriere informali,  culturali e sociali che ostacolano la presenza effettiva delle donne nei ruoli dirigenziali, di leadership politica (a partire dalla governance dei partiti), di gestione dei territori (per un numero sempre maggiore di sindache di città di medie e grandi dimensioni) e così migliorare la qualità della rappresentanza.

Nei fatti un processo di cambiamento è già in atto e non solo per una convergenza delle pratiche di partecipazione elettorale: giovani donne sono sempre più presenti e attive nelle associazioni e nelle forme di partecipazione non convenzionale ma questo fenomeno non produce tout court percorsi virtuosi o un impegno immediato nelle istituzioni politiche. Le ricerche evidenziano che, anche nelle giovani generazioni di uomini e di donne, permangono divari che riguardano la qualità dell’informazione politica, l’interesse per la dimensione pubblica, l’efficacia politica, la rappresentazione dei ruoli e delle responsabilità sulle questioni di interesse generale e l’auto-percezione di competenza sulle questioni politiche.

Dalla lezione di Nancy Fraser emerge che la possibilità di affermazione delle donne è strettamente legata alla loro capacità di incidere nella sfera pubblica allargata e di saldare insieme la dimensione della rappresentanza politica, quella economica della redistribuzione delle risorse e quella culturale del riconoscimento. Su questo bisogna ancora riflettere, studiare ed elaborare nuove strategie di azione che puntino soprattutto sulle giovani generazioni. In questa prospettiva, il ruolo dell’Università è fondamentale e non solo in quanto luogo di produzione e trasmissione del sapere, ma anche come spazio pubblico di elaborazione culturale, di libero confronto e di ricerca dei contenuti essenziali per difendere un bene comune, come l’uguaglianza di genere.