Sito non più aggiornato
Il sito del nuovo organo ufficiale d'informazione d'ateneo è accessibile all'indirizzo www.unictmagazine.unict.it
Il sito del nuovo organo ufficiale d'informazione d'ateneo è accessibile all'indirizzo www.unictmagazine.unict.it
Presentato ai Benedettini il volume "Il presente non basta", dell'illustre latinista dell'Alma Mater di Bologna
“Da una parte il massimo di comunicazione, dall’altra il minimo d’intesa e di comprensione. Viviamo in un’epoca nella quale abbiamo perso il significato vero delle parole, anzi spesso ci accontentiamo delle parole che troviamo per la via e ci dimentichiamo del bisogno di parlare bene: è una vera e propria emergenza ecologica linguistica. Il latino è importante proprio per questo, perché ci consente di risalire al messaggio insito in ciascuna parola, che può essere stupenda e tremenda”. Queste, per il prof. Ivano Dionigi, illustre latinista e già rettore dell’Alma Mater, l’antichissima Università di Bologna, alcune delle ragioni che dovrebbero spingerci a divenire tutti “filologi”, ossia gelosi, curanti, amanti della parola, e quindi “estremamente attenti a quanto una lingua come il latino, che è stata parlata per più di venti secoli, ci insegna ancora”.
Il prof. Dionigi è stato ospite del dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania, per presentare il suo ultimo libro “Il presente non basta”, nel corso di un affollato incontro che si è tenuto questa mattina al Monastero dei Benedettini. Introdotto dalla direttrice del dipartimento Marina Paino e dalla prof.ssa Rosa Maria D'Angelo, ordinario di Lingua e Letteratura latina, Dionigi ha letteralmente ammaliato i numerosi studenti presenti, trasmettendo loro alcuni insegnamenti e altrettanti ammonimenti. “Quando cambia il significato delle parole, in una società, non è mai un buon segnale. Pensiamo alle manifestazioni di disprezzo o di polemica intorno a termini come diritti e democrazia… Talvolta, invece, avremmo bisogno di silenzio per capire quello che si dice”.
Il latino – ricorda Dionigi - evoca un lascito non solo storico, cultuale e linguistico ma anche simbolico: si scrive «latino», ma si legge «italiano, storia, filosofia, sapere scientifico e umanistico, tradizione e ricchezza culturale». Non è un reperto archeologico, uno status symbol o un mestiere per sopravvissuti; è il tramite che – oltre Roma – ci collega a Gerusalemme e ad Atene, l'eredità che ci possiamo spartire, la memoria che ci allunga la vita. È un'antenna che ci aiuta a captare tre dimensioni ed esperienze fondamentali: il primato della parola, la centralità del tempo, la nobiltà della politica.
“Non siamo più provinciali di spazio, ma di tempo – ha concluso Dionigi –. Molti giovani, a causa della tecnologia della rete globale che ci pervade, vivono nell’inferno dell’uguale, non si rendono conto che c’è un prima, un durante e un dopo. E diventa un delitto credere che la vita cominci oggi e finisca con noi. Il latino, al contrario, anche con la sua famigerata consecutio temporum, ci dona la chiave per aprire il tempio del tempo: come lingua della temporalità, ci costringe a confrontare tradizione e innovazione e ci libera dall’assedio del presente”.
“Queste riflessioni, che non riguardano temi lontani ma la vita attuale di tutti noi – ha aggiunto il prof. Giacomo Pignataro, ordinario di Scienza delle Finanze e già rettore dell'Ateneo catanese -, non possono non avere un risvolto anche nell’ambito della politica universitaria. L’istruzione deve anche sapere educare alla vita, gli studi umanistici e la curiosità verso una lingua come il latino, devono aiutarci a recuperare il senso delle cose, a interrogarci sulle ragioni più profonde di quanto viviamo. Tutto ciò non può essere confinato solo all’interno di alcuni dipartimenti, ma deve cercare una contaminazione e un’alleanza con la sfera del sapere scientifico e tecnologico”.