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"Mare Nostrum", la prima operazione di salvataggio dei migranti

A Scienze politiche la presentazione del volume a cura di Stefania Panebianco "Sulle onde del Mediterraneo, Cambiamenti globali e risposte alle crisi migratorie”, che raccoglie i risultati della ricerca “Operazioni militari umanitarie: l’esperienza "Mare Nostrum". Valutazione degli esperti e lezioni apprese”, condotta da alcuni docenti dell'Ateneo e finanziata nell’ambito del progetto FIR14

28 Marzo 2017

C'è una data spartiacque che ha determinato nei rappresentanti dei governi dell'Unione Europea una presa di coscienza della portata della crisi dei migranti: è il 3 ottobre 2013, quando un barcone carico di profughi provenienti dalla Libia naufragò in prossimità di Lampedusa causando più di 360 vittime. Dopo quell'immane tragedia anche le istituzioni capirono che era necessario un cambio di strategia per affrontare la crisi, e il governo italiano, allora presieduto da Enrico Letta, diede vita all'operazione "Mare Nostrum", la missione di soccorso e salvataggio in mare dei migranti che cercavano di attraversare il Canale di Sicilia dalle coste libiche al territorio italiano e maltese, attuata dal 18 ottobre 2013 al 31 ottobre 2014 dalle nostre forze della Marina Militare e dell'Aeronautica Militare.

Dell'operazione italiana si è parlato ieri a Scienze politiche nel corso della presentazione del volume, a cura della prof.ssa Panebianco, “Sulle onde del Mediterraneo, Cambiamenti globali e risposte alle crisi migratorie”, che raccoglie i risultati della ricerca “Operazioni militari umanitarie: l’esperienza "Mare Nostrum". Valutazione degli esperti e lezioni apprese”, condotta da alcuni docenti dell'Ateneo e finanziata nell’ambito del progetto FIR14.

"L'ondata migratoria attraverso il Mediterraneo è in crescente aumento, a partire dal 2011 - ha spiegato la prof.ssa Stefania Panebianco del dipartimento di Scienze politiche e sociali dell'Università di Catania -; gli ultimi dati, aggiornati al 23 marzo 2017, ci parlano di oltre 25 mila sbarchi in Europa (di cui oltre 21 mila in Italia). Numeri che ci fanno capire la drammatica portata del fenomeno, troppo spesso trattato solo come un problema di sicurezza e non di difesa e protezione dell'individuo. La crisi migratoria è una crisi globale che è destinata a durare e la sua gestione è influenzata dalle divisioni tra gli Stati europei". "Mare Nostrum ha rappresentato una svolta perché - ha continuato la docente catanese - per la prima volta è stato riconosciuto il fenomeno come crisi umanitaria a tutti gli effetti, che va affrontata non solo a livello politico e istituzionale, ma anche grazie all'aiuto delle organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo e che meglio conoscono il territorio".

Secondo alcuni esperti, le cosiddette Sars (Search and Rescue), le operazioni di ricerca e soccorso volte al salvataggio in mare dei migranti, nascono con Mare Nostrum. In effetti, da quel 2013 il loro numero è aumentato in maniera esponenziale. "Ed è infondata - ha concluso la prof.ssa Panebianco - la preoccupazione di chi ha visto in "Mare Nostrum" un modo per incrementare gli sbarchi. Al contrario si è trattata di un'operazione rivoluzionaria perché ha dato il via a un nuovo modello umanitario nella gestione della crisi".

La ricerca presentata ieri al dipartimento ha coinvolto i docenti Fulvio Attinà, Luigi Caranti, Francesca Longo, Stefania Panebianco, Daniela Irrera, Rosa Rossi, Simona Gozzo e Rossana Sampugnaro che, attraverso un approccio multidisciplinare, hanno fornito una ricostruzione dettagliata della recente crisi migratoria e delle politiche italiane ed europee adottate per la gestione dei flussi migratori. In particolare, il volume esplora il ruolo degli attori statali e non statali nella gestione della crisi e analizza in maniera approfondita le operazioni umanitarie "Mare Nostrum" e "Triton" condotte per il salvataggio in mare dei migranti. Infine, il volume fornisce una ricostruzione cronologica ed estremamente meticolosa degli eventi e dei documenti principali nell’ambito della crisi.

I lavori sono stati aperti dal prof. Attinà che ha illustrato la ricerca e ha spiegato le motivazioni che hanno spinto ad avviarla: la necessità di esplorare e rispondere al crescente problema dei migranti in Sicilia e l’interesse ad analizzare la singolarità e le caratteristiche dell’operazione Mare Nostrum. A discutere con gli autori del volume, sono intervenuti i docenti Giuseppe Campesi (Università di Bari), Teresa Consoli (Università di Catania) e Adriana Di Stefano (Università di Catania). Il prof. Campesi è intervenuto con una riflessione sul concetto di crisi, sottolineando come la crisi migratoria attuale rifletta in maniera più ampia una crisi dello stesso regime confinario europeo e derivi direttamente da uno squilibrio interno del tradizionale modello europeo di gestione delle frontiere; la prof.ssa Consoli ha evidenziato come le difficoltà dell’Unione Europea nell’affrontare gli ingenti flussi migratori siano il risultato della mancanza di un’adeguata politica sociale a livello europeo, riflettendo sul ruolo dei sistemi di welfare e sull’incapacità degli attuali governi di gestire una cittadinanza sempre più complessa. La prof.ssa Di Stefano ha offerto una lettura del volume partendo dalla dimensione etica e dalla dimensione giuridica, esplorando il difficile rapporto tra protezione, giurisdizione statale e responsabilità condivisa.

All’intenso dibattito sono intervenuti, oltre agli studenti, anche gli altri contributori del volume. In particolare, il prof. Caranti, con spirito di autocritica, si è chiesto se partendo dai limiti dell’approccio europeo analizzato nei capitoli del volume sia possibile individuare un modello alternativo o potenziali soluzioni alla crisi. Sebbene la tematica sia estremamente complessa, il docente ha riflettuto sull’importanza di identificare i flussi migratori non come un onere ma come un valore. "Per fare un passo in avanti - suggerisce il docente - bisognerebbe riconoscere il valore dell’immigrazione da un punto di vista economico", mettendo in tal senso in evidenza come il nostro stesso sistema pensionistico si regga anche grazie ai contributi dei migranti.