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Il rettore Francesco Basile: “Dobbiamo riavvicinare i giovani alla politica e le istituzioni ai cittadini”
“La crisi della rappresentanza è una problematica molto sentita dai cittadini che ormai, come dimostrano le vicende politiche recenti, non si sentono più rappresentati in Parlamento. Per questo è indispensabile un confronto serrato tra gli studiosi per comprendere meglio alcuni processi che consentano di avvicinare nuovamente i giovani alla politica, sentendo le istituzioni meno lontane. A differenza delle generazioni precedenti, i giovani rifuggono gli ideali politici, si astengono dal voto, non comprendono più la politica e le strutture che governano il nostro Stato e l’Europa. A queste emergenze si risponde anche con la formazione e l’aggiornamento, e il nostro Ateneo con il suo dipartimento di Scienze politiche e sociali può offrire loro opportune e importanti occasioni di crescita”.
Con queste parole il rettore Francesco Basile ha aperto i lavori della due giorni dei lavori del convegno "Crisi della rappresentanza e nuove dinamiche della regolazione - Le prospettive della democrazia pluralista in Europa", organizzato dal dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania e moderato dal prof. Fabrizio Sciacca, con il patrocinio della Camera amministrativa siciliana, dell'Unione nazionale Avvocati amministrativisti, della Fondazione Nuovo Mezzogiorno e dell'Ordine degli Avvocati di Catania.
Questi concetti sono stati ripresi dal direttore del dipartimento Giuseppe Barone, che ha parlato di “stato di liquefazione delle vecchie strutture parlamentari”, sollecitando quelle modifiche che permettano di riattivare il rapporto tra cittadino e istituzioni. “Le istituzioni repubblicane – ha aggiunto il prof. Giuseppe Vecchio, ordinario di Diritto privato - si sono dovute confrontare con la necessità di governare dinamiche sociali rapidamente cangianti e sempre più complesse anche a causa dell’emersione dei processi di globalizzazione e dell’esplosione della rivoluzione tecnologica. E oggi i parlamenti, anche quelli di altri Paesi, incontrano serie difficoltà a rispondere efficacemente e in tempi rapidi alle istanze della società, per questo talvolta si sono ridotti i margini di intervento dell’istituzione parlamentare, producendo inevitabilmente effetti significativi sulla forma di governo e sull’idea di democrazia a questa sottesa”.
Difficoltà operative legate “all’incapacità dei parlamenti di esprimere la rappresentanza politica del Paese e le istanze della comunità e quindi anche dei tradizionali circuiti dello Stato di diritto che portano alla determinazione delle leggi e dell’indirizzo politico” ha aggiunto il costituzionalista Felice Giuffrè. “Un fenomeno non solo italiano, ma anche inglese e adesso anche americano – ha spiegato -, i Parlamenti sono sempre più esautorati dei loro poteri, basti pensare che le decisioni sono ormai condizionate da istituzioni extra-statali e anche perché il Parlamento rinuncia ad esercitare la regolazione in determinate materie complesse assegnandole ad Autorità amministrative indipendenti come l’Anac o al Consob. Situazioni che spingono i cittadini a trovare nuovi canali di rappresentanza proprio in seno a queste nuove autorità amministrative indipendenti”.
“In Spagna – ha spiegato Francisco Balaguer Callejon dell’Università di Granada - ad esempio abbiamo avuto una riduzione del potere politico nazionale in favore delle decisioni dello Stato economico europeo, ingenerando spesso conflitti con l’Ue. Ma non dobbiamo dimenticare un altro fattore: il Diritto costituzionale europeo sta sempre più modificando la costituzione di ogni singolo Stato che fa parte dell’Unione. Una scelta indispensabile per risolvere le problematiche interne”.
“La radice della crisi della rappresentanza sta proprio nel rappresentato e nel rapporto tra governanti e governati – ha sottolineato il prof. Antonio Ruggeri dell’Università di Messina -. Da molto tempo il potere governativo è in crisi e appare indispensabile una modifica della Costituzione per evitare il continuo ricorrere ai decreti-legge e leggi-delega che di fatto hanno abbattuto il potere del Parlamento”. Ma sul terreno c’è anche l’ascesa di quel costituzionalismo populista – ha rilevato il prof. Antonio Cantaro dell’Università di Urbino - che si propone di riabilitare una democrazia dell’uomo comune, come dimostrano la Brexit e il “caso” Trump in America che “confermano su scala allargata la profondità del conflitto che si è aperto in occidente tra l’establishment finanziario e il populismo nazionalista”.
Nel corso dei lavori sono intervenuti anche i docenti Tommaso Edoardo Frosini dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, Nicola Lupo (Luiss di Roma), Alexandre Viala (Università di Montpellier), Filippo Donati (Università di Firenze), Maria Joao Estorninho (Università di Lisbona), Alessandro Tomaselli e Fausto Vecchio (Università Kore di Enna), Vasco Pereira Da Silva (Università di Lisbona), Andrea Piraino (Università di Palermo), Fabrizio Tigano e Biagio Andò (Università di Catania), Gianpiero De Luca (Camera Amministrativa Siciliana), Roberto Di Maria (Università Kore di Enna) e Loredana Zappalà (Università di Catania).