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Ricognizione sulle reliquie del Beato cardinale Dusmet

I resti dell'amatissimo prelato catanese sono stati analizzati da un'équipe dell'Ateneo coordinata dal prof. Cristoforo Pomara, utilizzando tecniche all'avanguardia

11 Novembre 2021
Mariano Campo

L’Università di Catania ha concluso nei giorni scorsi la ricognizione canonica delle reliquie del Cardinale Giuseppe Benedetto Dusmet, che dal 1904 sono custodite ed esposte in Cattedrale all’altare della Madonna Corredentrice, a pochissima distanza dalla cappella di Sant’Agata.

L’annuncio della conclusione delle operazioni di ricognizione e della ricollocazione delle spoglie mortali del Beato Dusmet, che fu arcivescovo della città etnea dal 1864 al 1894, anno della sua morte, è stato dato dall’arcivescovo metropolita Salvatore Gristina nel corso della solenne celebrazione per l’inizio del Cammino sinodale diocesano, che si è svolta giovedì scorso al Duomo.

La ricognizione canonica è quell’atto, autorizzato dall’Autorità ecclesiastica e regolato dalle norme della Chiesa, che permette di “studiare” i santi attraverso l’esame scientifico diretto dei loro resti. E questa delicatissima indagine è stata affidata ad un’équipe coordinata dal prof. Cristoforo Pomara, ordinario di Medicina legale nell’ateneo catanese, insieme con i dottori Aldo Liberto, Federica Ministeri e Federico Privitera del dipartimento di Scienze mediche, chirurgiche e Tecnologie avanzate "G.F. Ingrassia" e con l’autorevole collaborazione del prof. Dario Piombino Mascali dell’Università di Vilnius, uno dei massimi esperti mondiali di antropologia fisica e di studio delle mummie e dei resti cadaverici scheletrici.

«La ricognizione – ha precisato l’arcivescovo Salvatore Gristina - ha permesso di attuare le misure per salvaguardare le reliquie e conservarle nel modo più adeguato. Vogliamo infatti far conoscere meglio ai cittadini catanesi questo grande Pastore della Chiesa catanese, che deve continuare a ispirarsi alla sua figura per divenire sempre più discepola missionaria». «Inoltre, ha proseguito mons. Gristina, è stata prelevata una reliquia cosiddetta insigne, un frammento del corpo che potrà essere ospitato dalle parrocchie che ne faranno richiesta e venerato dai fedeli».

Nei ventisette anni in cui resse la diocesi di Catania il ‘santo cardinale’, come già allora veniva chiamato, si distinse sempre per il coraggio e l'immensa carità, operando con fervore nel campo dell’assistenza e dell’istruzione, in particolare a beneficio dei poveri, e affrontò in prima linea le numerose calamità (eruzioni, terremoti, alluvioni ed epidemie) che flagellarono in quell’epoca Catania e la Sicilia. “Sin quando avremo un panettello noi lo divideremo col povero”, scrisse infatti in una celebre lettera ai catanesi, appena ordinato arcivescovo nella Basilica di San Paolo fuori le mura a Roma, il 10 marzo 1867. Ed è la stessa frase, emblematica del suo programma episcopale, che i catanesi possono ritrovare nel monumento a lui dedicato, progettato da Raffaele Leone e scolpito da Silvestre Cuffaro, e a cui lavorarono anche Mimì Maria Lazzaro ed Elio Romano, in piazza San Francesco d'Assisi.

«I risultati degli studi e delle operazioni che abbiamo condotto per la ricomposizione e la messa in sicurezza dei resti – ha sottolineato il prof. Cristoforo Pomara – sono ovviamente vincolati al segreto, possiamo soltanto dire che abbiamo potuto applicare delle tecniche all’avanguardia, messe a punto dopo anni di collaborazione con esperti di tutto il mondo, per la preservazione e la conservazione delle reliquie. Personalmente, non ho vissuto questo incarico che è stato autorizzato dal rettore Francesco Priolo come una normale prestazione professionale, ma è stata un’esperienza spiritualmente toccante. E di fatto, rappresenta un grosso vanto per la realtà medico legale siciliana e per il settore dell’antropologia fisica e forense, che oggi possono permettersi di fissarsi nuovi traguardi. Per esempio, speriamo di poter applicare queste nuove tecniche allo studio dei resti del grande scrittore e poeta belpassese Nino Martoglio, la cui morte accidentale avvenuta nel 1921 resta ammantata di mistero. Un vero e proprio ‘cold case’ che potrebbe anche essere risolto».

L’arcivescovo ha voluto poi ringraziare, anche nella preghiera dei fedeli, l’ateneo catanese e il prof. Pomara per questo “bell’esempio di sinergia istituzionale che ha potuto mettere a frutto sia le competenze ecclesiastiche che quelle scientifiche dell’Università etnea”, ringraziando per la diligenza e la discrezione con cui sono state condotte le indagini, i cui esiti costituiranno oltretutto un elemento propedeutico all’auspicato iter di canonizzazione del Dusmet, proclamato beato da papa Giovanni Paolo II soltanto nel 1988, a conclusione di un iter avviato dal vescovo Carmelo Patanè nel 1931.

Le reliquie del cardinale Dusmet