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Cocciniglie dannose al ficodindia: minaccia reale per la Sicilia?

L'intervento del prof. Pompeo Suma del Di3A sulla invasione delle piantagioni perpetrata dai fitomizi, gli insetti succhiatori di linfa afferenti all’ordine dei Rhyncota e alla famiglia dei Dactylopiidae

5 Dicembre 2018

Da qualche anno a questa parte, in diversi areali del globo, dove si coltiva e produce il ficodindia, si è assistito ad una preoccupante e progressiva invasione delle piantagioni, perpetrata dalle cosiddette “cocciniglie del carminio”, fitomizi (cioè insetti succhiatori di linfa), afferenti all’ordine dei Rhyncota e alla famiglia dei Dactylopiidae.

Delle undici specie appartenenti alla famiglia dei Dactylopiidae, tutte strettamente associate alle Cactacee, almeno due, oggigiorno, stanno destando particolare interesse e preoccupazione: la “vera cocciniglia del carminio” Dactylopius coccus Costa e la “falsa cocciniglia del carminio” D. opuntiae (Cockerell). 

È da tempi remoti, infatti, che la prima specie, D. coccus, viene appositamente allevata su ficodindia per la produzione del prezioso colorante “rosso carminio” estratto dal corpo essiccato dell’insetto e altamente richiesto dalle industrie alimentari, cosmetiche e tessili, mentre la seconda specie, D. opuntiae, è storicamente utilizzata in diversi Paesi quale agente di controllo biologico delle Cactaceae spontanee che, in quanto tali, sono considerate infestanti (Australia e Sud Africa).

I reiterati tentativi di introduzione delle due specie di cocciniglie in “nuovi” Paesi per i due principali scopi sopra citati, contestualmente all’imponente crescita delle superfici impiantate a ficodindia quale coltura da reddito, ha consentito e favorito la diffusione delle suddette cocciniglie che, in molte realtà produttive, hanno manifestato tutta la loro aggressività nei confronti della pianta ospite.

I fitomizi, infatti, tendono a costituire sulle piante ospiti colonie di dimensioni più o meno estese sui cladodi e sui frutti che, in alcuni casi, vengono interamente ricoperti dall'insetto, determinando un disseccamento progressivo che può condurre a morte la pianta. Questo è il caso registrato negli ultimi anni in Marocco in cui, dal 2014 ad oggi, D. opuntiae ha infestato più di 30.000 ettari coltivati, causando gravissimi danni e portando a morte migliaia di piante di ficodindia.

Diversamente, in nord Etiopia, successivamente all’introduzione di D. coccus effettuata nel 2003 con lo scopo di produrre il colorante naturale, circa 32.000 ettari di coltivazioni da reddito risultano ad oggi gravemente infestati dall’insetto che ne minaccia la distruzione.

Preoccupanti, inoltre, sono le segnalazioni della loro presenza in forma più o meno diffusa, anche in Spagna ed in Israele. Su tali basi, considerando quindi che sono già diversi i Paesi del Bacino del Mediterraneo interessati dal problema è plausibile ipotizzare che nel breve periodo, anche le produzioni italiane e specificatamente quelle siciliane, potranno essere seriamente minacciate dai temibili parassiti.

È per tale ragione che, il Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente (Di3A) dell’Università di Catania, in un’ottica di prevenzione, ha già avviato un dialogo tecnico-scientifico con la comunità internazionale di riferimento, per promuovere una prima attività divulgativa sul territorio regionale, mirata ad illustrare la problematica ai principali attori del comparto del ficodindia.

La sezione di Entomologia applicata del suddetto dipartimento universitario, a tal fine, ha anche interessato l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) con cui, in maniera tempestiva, è stato istituito un apposito gruppo di studio denominato Cochineal as pesta cui è possibile iscriversi gratuitamente semplicemente inviando una mail di adesione (anche in lingua italiana) all'indirizzo cactusnet@dgroups.org.

In Italia, ed in particolare in Sicilia, la coltivazione del ficodindia rappresenta un’importante risorsa per l’economia isolana e certamente, senza voler creare falsi allarmismi, conoscendo a priori la problematica, risulterà più semplice intervenire in maniera drastica ed immediata nel malaugurato caso in cui, le cocciniglie, dovessero varcare i nostri confini territoriali.

Prof. Pompeo Suma, Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente - sez. Entomologia applicata - Università di Catania