Seguici su
Cerca

Sito non più aggiornato

Il sito del nuovo organo ufficiale d'informazione d'ateneo è accessibile all'indirizzo www.unictmagazine.unict.it

Lo smart working ai tempi del Covid-19 e oltre

L'intervento della prof.ssa Gabriella Nicosia, docente di Diritto del Lavoro, sui possibili sviluppi del lavoro agile nella Pubblica amministrazione

 

17 Aprile 2020
Gabriella Nicosia*

Ragionare di smart working, o lavoro agile che dir si voglia, in un momento in cui la pandemia correlata al Covid 19 ne ha lasciato emergere solo la positiva necessità, è questione non facile per un giuslavorista, e per una giuslavorista lo è ancora meno.

Va subito chiarito che lo smart working, cui si è fatto ricorso in questi mesi, non è un vero smart working, o, per essere più chiari, non è esattamente quella tipologia di esecuzione della prestazione lavorativa che il legislatore aveva in mente nel momento in cui ha scritto la legge n. 81/2017.

Alternanza intra-extra moenia

Cerchiamo di capire, allora, cosa è e a cosa serve, o dovrebbe servire, il lavoro agile ai sensi della normativa appena citata. Si tratta di una “modalità di lavoro”, concordata, cui possono ricorrere tanto le aziende private quanto le amministrazioni, in quest’ultimo caso con gli opportuni adattamenti. 

Va, però,  da subito detto che tale modalità di lavoro - diversamente da quanto è possibile osservare in questa particolare contingenza storica - per quanti accordi si possano fare, non dovrebbe spingersi sino ad  abbracciare  l’intera prestazione di lavoro, al contrario,  e per espressa previsione di legge, “la prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva” (art. 18 l. 81/2017).

Misura obbligata di contrasto e contenimento

Il lavoro in modalità agile implementato ai tempi del Covid19 è, allora, qualcosa di diverso dal tipo originario previsto e regolato dal legislatore del 2017.  Epperò pure la circolare del Ministro per la Pubblica Amministrazione, del 4 marzo di quest’anno, si riferisce allo smart working nei termini di ulteriore misura per contrastare e contenere l’imprevedibile emergenza epidemiologica.

Non importa, quindi, che si perdano alcuni tratti caratterizzanti la fattispecie, come la necessaria alternanza fra lavoro in azienda (o dentro un’amministrazione) e lavoro in (o da) remoto; tutto questo perché prevalgono le fattezze di misura posta a tutela della salute che, in quanto tale, va accolta nonostante la forzatura applicativa nei termini ora descritti.

Da opportunità a risorsa

Pur con l’evidente scostamento dal tipo, di cui si è appena detto, lo smart working si è rivelato una autentica risorsa in un momento storico in cui non si avevano a disposizione altri strumenti in grado di coniugare in modo efficace la continuità nel lavoro con l’allontanamento dalla sede del suo naturale svolgimento.  

L’emergenza Covid19 ha consentito, infatti, di valorizzare, e di guardare sotto una luce diversa, un modo di lavorare al quale, ed erroneamente, si pensava dovessero rivolgersi, almeno fino a qualche mese fa, per lo più le lavoratrici.

Nella ‘fase due’

La domanda che sorge, allora, spontanea è legata alla fase “due” di cui si fa un gran parlare in questi giorni. Cosa accadrà, una volta contingentata l’emergenza e determinato il riavvio del motore lavorativo in tutto il paese? Il lavoro agile tornerà ad essere utilizzato nella propria formulazione originaria, con la prevista alternanza intra/extra moenia delle aziende o PA, con moduli cioè che prevedono in parte la presenza nei luoghi di lavoro e in parte la possibilità di lavorare all’esterno dei medesimi, senza una postazione fissa? Personalmente propendo per il recupero delle fattezze originali della fattispecie lavoro agile e proverò pure a spiegare il perché.

Conciliazione e produttività

Prima, però, occorre ancora fare chiarezza su un altro aspetto, ovvero quale sia la vera funzione del lavoro agile. Quella, cioè, che la ratio della normativa intendeva perseguire in tempi di normalità.

Se nell’immaginario collettivo si è tentati, infatti, di riflettere solo sulla essenziale funzione di conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro (o lavoro e lavoro di cura), che questa disciplina indubbiamente racchiude, non può essere sottaciuto l’altro corno funzionale di questo modus operandi: il miglioramento della qualità del lavoro erogato, della produttività.

E questo specie negli apparati pubblici, da sempre assetati di efficienza. Su questi, in particolare, vorrei indirizzare le riflessioni di seguito prospettate anche perché è l’ambito che interessa direttamente le Università.

Lavorare felicemente e produrre di più

Non faccio mistero della mia personale propensione per la valorizzazione di una delle disposizioni più virtuose confezionata dal legislatore da un ventennio a questa parte, e cioè quella destinata a favorire il benessere, lo star bene, nei luoghi di lavoro pubblici. Dal momento in cui questa previsione è stata introdotta nel nostro ordinamento (nel 2010, per l’esattezza), è lentamente ma progressivamente attecchita nei processi organizzativi pubblici, e questo nonostante l’iniziale sottovalutazione della relativa importanza e pure una certa diffidenza.

Lavorare agile potrebbe, allora, rivelarsi uno dei modi in cui è possibile lavorare sentendosi bene (anzi felici) e producendo di più. O almeno così sembrerebbe alla luce dello studio condotto dal Politecnico di Milano che, negli ultimi anni, ha indirizzato un focus sull’implementazione dello smart working tenendone il polso attraverso uno specifico Osservatorio.

L’indagine del Politecnico di Milano

Secondo i numeri tratti dall’indagine svolta dal Politecnico di Milano gli smartworker sono mediamente più soddisfatti sia del rapporto con colleghi, e con i coordinatori, che della modalità organizzativa del proprio lavoro. Fra le principali ragioni che hanno spinto i lavoratori ad aderire al progetto agile, emergono non solo quelle di carattere personale, come la riduzione dello “stress da pendolare” e la ricerca di un migliore equilibrio tra vita privata e professionale, ma anche ragioni lavorative connesse all’aumento della motivazione e della produttività. Significative pure alcune considerazioni correlate all’attenzione per l’ambiente, pure queste strettamente intrecciate con la riduzione delle emissioni dovute agli spostamenti tra casa e ufficio.

Pure i manager, responsabili della valutazione delle performance di questi lavoratori, sono stati coinvolti nei questionari e i dati hanno lasciato emergere l’apprezzamento per la maggiore responsabilizzazione sul raggiungimento dei risultati, il miglioramento dell’efficacia del lavoro e della gestione autonoma delle urgenze, oltre a un impatto positivo sulla condivisione delle informazioni e sul coordinamento.  

Motivazione, qualità, maggiore collaborazione

Dello stesso tenore l’indagine condotta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nell’ambito del progetto pilota di lavoro agile “Be MEF, Be SMART”, dalla quale è possibile ricavare dati altrettanto confortanti. Fra i profili di soddisfazione ascrivibili alla parte datoriale vale la pena evidenziare, per esempio,  l’incremento della motivazione del personale, il miglioramento qualitativo e quantitativo dell’attività espletata, nonché il miglioramento nell’organizzazione del lavoro in ragione del più elevato spirito di collaborazione; dal versante dei lavoratori è emersa specularmente la soddisfazione  dovuta alla  percezione dell’investimento di un capitale di fiducia sugli smart worker,   l’Incremento della motivazione, il risparmio in termini di tempo impiegato per raggiungere la sede di lavoro e riduzione dello stress connesso, nonché i profili di migliore conciliazione delle esigenze personali/familiari con l’attività lavorativa.

È tutto ‘smart’ quel che luccica?

Ma davvero lo smart working racchiude solo profili positivi, o nasconde insidie da contemplare ed eventualmente disinnescare?

Alcune criticità sono subito riconducibili ad un profilo essenziale presupposto, in verità, in ciascun rapporto di lavoro ma qui particolarmente evidente: la fiducia ed il reciproco affidamento sottesi alla relazione fra datore di lavoro e lavoratore, ma anche fra dirigente e collaboratori.

La parte datoriale deve potersi fidare e affidare al lavoratore in (o da) remoto, e altrettanto deve fare, per proprio conto, la dirigenza.

Questo comporta inevitabilmente l’affinamento delle tecniche di rilevazione delle performance e la migrazione consapevole verso un modello basato, almeno per la prestazione lavorativa svolta da remoto, sull’assegnazione di obiettivi sapientemente costruiti e sulla concreta ed efficace possibilità di verificarne, dopo, l’effettivo conseguimento.

Ma comporta pure la valorizzazione di strumenti di progettazione come il Piano triennale delle Performance e, come contraltare, l’adattamento e il rilancio del SMVP (Sistema di misurazione e valutazione delle performance) all’interno del quale occorre, quindi, prevedere le modalità applicative del lavoro agile.

Le sfide della PA

I nostri apparati pubblici sono pronti per una sfida di questo tenore? Sono davvero pronti a superare tutte le resistenze che, per esempio, si sono frapposte agli omologhi tentativi di introiettare in tutte le amministrazioni la cultura del management per obiettivi e della valutazione delle performance?

È qui che appare in tutta la sua pregnanza il ruolo del dirigente/manager e l’importanza del personale stile di leadership da mettere in campo.

È qui che la decisione autonoma può fare davvero la differenza e segnare una vera trasformazione nello stile dirigenziale. In altri termini, se il lavoro diventa smart, altrettanto è opportuno faccia la dirigenza nell’affinare le proprie doti comunicative, nel costruire obiettivi condivisi e nel motivare e responsabilizzare i propri collaboratori al relativo raggiungimento; tutto questo mantenendo inalterato, anzi valorizzandolo, lo spirito di gruppo e il senso di appartenenza ad una squadra.  Insomma, alla spersonalizzazione di parte della dinamica lavorativa deve fare da contrappeso la personalizzazione del modo in cui viene organizzato il lavoro.

Perdita della socialità e diritto alla disconnessione

Altra criticità di non poco momento, e così riannodo i fili del ragionamento dal quale sono partita, è quella tutta al femminile dell’inevitabile “rientro a casa” delle donne, con tutto ciò che questo comporta in termini di perdita della socialità e interazione con altri colleghi e di sostanziale azzeramento della faticosa emancipazione dal tradizionale ruolo di regina del focolare.

A questo si aggiunga che, senza uno specifico   intervento regolativo (mi riferisco alla configurazione del diritto alla disconnessione), e con tutti i vincoli della contrattazione collettiva, è assai concreto il rischio che diventi difficile prendere le distanze dalle attività lavorative. 

Essere sempre connessi e raggiungibili per il datore di lavoro, può rendere il rimedio peggiore del male e rischiare di trasformare il lavoro agile in una possibile causa di conflitto tra lavoro e sfera personale, proprio perché il confine tra lavoro e vita privata tende a diventare evanescente. Senza contare, poi, gli aspetti correlati alla tutela della sicurezza e del buon funzionamento di strumenti e attività da remoto.  

Se davvero, superata l’emergenza, si vuol consolidare l’esperienza del lavoro agile, riempiendo di contenuti l’invito (e la tensione) a moltiplicarne i casi di utilizzo, ferma restando l’opportunità di adattare l’istituto alle peculiari esigenze di ciascuna amministrazione, sarà contestualmente consigliabile, non solo rispettare i tratti significativi della fattispecie tipica, ed in particolare l’alternanza lavoro in sede/lavoro da remoto, ma attivare anche quei meccanismi di verifica - affidati agli Organismi Indipendenti di Valutazione o ai Comitati unici di garanzia - dell’effettivo raggiungimento di un buon livello di benessere organizzativo qualunque sia il luogo in cui si adempia la propria prestazione lavorativa.

Gabriella Nicosia

*Professore associato di Diritto del Lavoro nel Dipartimento di Giurisprudenza - Università degli Studi di Catania
Smart working, come lavorare in sicurezza - 10 semplici consigli da seguire (Consortium GARR)

Sull'argomento Emergenza Covid-19 leggi anche

Il contributo dell'Università di Catania
07/09/2021Il malessere degli studenti dell’Ateneo durante la pandemia
01/03/2021La gestione del paziente oncologico in epoca Covid-19
28/02/2021Università di Catania in prima fila in Italia nella campagna di vaccinazione
24/02/2021Tablet in comodato d’uso gratuito per studenti del dipartimento di Scienze politiche e sociali
05/11/2020Pace, un tool software di supporto ai radiologi nella lotta al COVID-19
03/11/2020Coronavirus: medici specializzandi, intesa tra Regione Siciliana e Università
29/09/2020La prof.ssa Caterina Ledda prima “Covid manager” certificata in Italia
11/09/2020Emergenza Covid, al Policlinico e al Garibaldi i Centri Trasfusionali per la raccolta di plasma
28/07/2020Alto gradimento per la Dad di Unict, un sondaggio tra gli studenti premia l’impegno dell’Ateneo durante il lockdown
10/07/2020L’Università di Catania incontra il mondo imprenditoriale
09/07/2020Le prime lauree in presenza dopo l’emergenza sanitaria
29/06/2020“Pillole di Museo”, tour virtuali alla scoperta del patrimonio museale dell’Università di Catania
27/06/2020Mascherine testate dall’Anti-Covid Lab hanno ottenuto la certificazione dell'ISS
22/06/2020La specializzazione dei saperi nell'era del post Covid-19
29/05/2020Orientamento, da luglio il corso di preparazione ai test di ammissione ai corsi di area medica
28/05/2020Emergenza Covid, mascherine per il personale dell’Università di Catania
27/05/2020Di3A, continuano le visite tecniche virtuali
27/05/2020Tremila litri di igienizzante dall’Università di Catania a Bergamo e Somaglia
26/05/2020Lo ‘speaker’ degli Open Days
21/05/2020Open Days, concluso l’evento di orientamento per chi vuole iscriversi all’Università di Catania
21/05/2020“A Catania turismo è…”: Baudo, Parmitano e altri catanesi testimonial di uno spot per la città
19/05/2020Open Days, oggi la seconda giornata dedicata ai dipartimenti dell’area delle Scienze della Vita
18/05/2020Economia, nuove ‘videopillole’ sugli effetti di Covid-19
18/05/2020Open Days Unict 2020, inaugurato l’evento on line dedicato a chi vuole iscriversi all’Università
18/05/2020Covid-19, Policlinico e Unict in prima linea nello studio nazionale sul plasma
18/05/2020#LaMiaVita Dopo Il Covid
14/05/2020Open Days “online”, l’Università di Catania si presenta alle future matricole
13/05/2020CInAP, uno “sportello virtuale” per le future matricole con disabilità e Dsa
11/05/2020Microsoft Live Edu, la didattica a distanza e la risposta dell’Ateneo alla crisi ‘Covid-19’
09/05/2020Video ‘pillole’ di Economia sui problemi derivanti dall’emergenza Covid-19
06/05/2020Trasferimento da altri atenei, ecco il bando Unict
05/05/2020“Fase 2” in Ateneo, emanate le indicazioni per la didattica e il rientro negli uffici
05/05/2020La Formazione non si ferma: “Distanti, ma vicini”
02/05/2020“Unict aiuta chi ti aiuta”, 2000 mascherine FFP3 per gli ospedali catanesi
30/04/2020Proroga tasse e accesso ai corsi di laurea, due novità in arrivo
29/04/2020Sostenibilità nella gestione d’impresa al tempo di Covid-19
28/04/2020Tre docenti etnei nella Commissione di esperti del Programma nazionale per la Ricerca 2021-2027
09/04/2020“Unict aiuta chi ti aiuta”, già raccolti 60 mila euro per gli ospedali catanesi
08/04/2020Nascere ai tempi del Coronavirus
06/04/2020CInAP, attivi tutti i servizi a supporto degli studenti diversabili e con Dsa
01/04/2020Accordo Ersu-Unict, la residenza Toscano-Scuderi alloggio temporaneo per medici e specializzandi
31/03/2020Al “San Marco” aprono i reparti di Clinica medica e Pneumologia
27/03/2020“UNICT aiuta chi ti aiuta”, l’ateneo a sostegno degli ospedali catanesi
24/03/2020L’Università di Catania produrrà soluzione disinfettante per la Protezione civile regionale
20/03/2020Antonella Agodi nel Gruppo di lavoro "Prevenzione e Controllo delle Infezioni" dell'Iss
06/03/2020Da lunedì al via la didattica on line
Ricerca
06/03/2021Mobilità, temperatura, anzianità della popolazione e inquinamento incidono sull’impatto del Covid
06/03/2021Il trattamento anticorpale è parzialmente inefficace su pazienti gravi affetti da Covid
25/02/2021Clima e inquinamento favoriscono la trasmissione e la sopravvivenza del Covid-19
09/11/2020Polosa e Tomaselli designati editori di una importante rivista per la ricerca sul COVID-19
13/10/2020Vaccinazione anti-influenzale in età infantile al tempo del COVID-19
27/07/2020Il lockdown “spegne” il rumore sismico del 50% a livello mondiale
23/07/2020Malattie rare al tempo del Covid-19, dall’emergenza alla ripartenza
29/05/2020Gli italiani e l’informazione durante il lockdown
19/05/2020L'impatto della pandemia nell'età pediatrica
17/05/2020Medicina del lavoro tra SARS-CoV-2 e operatori sanitari
14/05/2020Covid-19: nuovo approccio farmacologico evidenziato da ricerca internazionale
09/05/2020“Distantia”, l’app di Unict per il distanziamento
08/05/2020Covid-19 e Intelligenza artificiale: nuove soluzioni per misurare il corretto “Social Distancing”
08/05/2020Un modello computazionale riproduce “in silico” il decorso del Covid-19
06/05/2020Nuovi Dispositivi di protezione individuale "facciale" al personale medico-sanitario
29/04/2020Covid-19, effetti diversi su uomini e donne: ricerca Unict prova a spiegare il perché
18/04/2020Un modello epidemico per stimare positivi non identificati
16/04/2020Anti-Covid Lab, via libera dell'ISS ai test su mascherine chirurgiche a uso medico
10/04/2020Uno studio sulle possibili cause della diversa diffusione in Italia
09/04/2020A fine aprile solo pochi contagi
05/04/2020Policlinico, al via lo screening ematico per scoprire gli anticorpi del virus
31/03/2020A Catania nasce “Anti_Covid-Lab” per testare tessuti per mascherine e Dpi
22/03/2020I sensori del progetto “Mediwarn” a supporto della gestione dell’emergenza
13/03/2020L’Università di Catania avvia la distribuzione di una soluzione igienizzante